Stracci di libri...

Quelle pagine dei libri che vorresti portare sempre con te...

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  1. delfinoutopista
     
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    " A ognuno il suo, a chi la famiglia, a chi il campeggio, a chi le Americhe, a chi le fornicazioni...a me è stata data l'oscurità, la portineria, il quartiere dei fantasmi,
    Che marci pure la vita e che marcisca, io non rinnego niente. Conosco la mia strada, ne trabocco addirittura, Non finirà mai il mio vizio, mi ci terrò ben attaccato. Se occore impiegare tutta una vita per morire...allora seppellitemi nella mia auto, con lo stereo acceso e tutto, che si possa sentire l'ultima toccata, il ritmo della fuga...io non ne so più non ne posso più...
    Pulito come un solitario, prenderò d'anticipo il mattino... mi scrollerò di dosso l'obbedienza...la brucerò come un'efelide nell'acido della mia insonnia...sarò solo nervo e niente grasso...scintillante come una moneta nella benzina...scaltro come un affamato...veloce come un voltafaccia...disobbediente come un evaso...leggero come un salasso...nervoso come una rapina. Avrò febbre addosso..suderò impazienza come grasso...mi metterò nelle mie mani...giocherò di prima...forte come un epilettico...arrabbiato come una faina...mi toglierò di dosso i sogni con una lametta...li lascerò sotto il cuscino...mi scrollerò il sonno...veglierò per sempre... dormirò vestito...come un affittuario...rapido a partire...starò addosso alla vita...come un segugio...come un mastino...non guarderò mai più l'orologio...prenderò d'anticipo il mattino. "

    da "Non si muore tutte le mattine" di Vinicio Capossela
     
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  2. marypull86
     
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    Ma quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’edificio immenso del ricordo”
    Marcel Proust, La strada di Swann2
     
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  3. _dArKsOuL^
     
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    Non è quello che vidi che mi fermò
    È quello che non vidi
    Puoi capirlo, fratello? É quel che non vidi... lo cercai ma non c'era, in tutta quella sterminata città c'era tutto tranne
    C'era tutto
    Ma non c'era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo
    Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu
    Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me
    Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi
    Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non fiìniscono mai e quella tastiera è infinita
    Se quella tastiera è infinita, allora
    Su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio
    (da "Novecento")
     
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  4. Bluejam
     
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    "Gesù annunciò con voce ferma, Me ne vado. Pastore si bloccò, lo guardò senza cambiare espressione, disse soltanto, Buon viaggio, non ho bisogno di dirti che non sei mio schiavo nè esiste alcun contratto legale fra di noi, puoi andartene quando vuoi, Non vuoi sapere perchè me ne vado, La mia curiosità non è tale da costringermi a domandartelo, Parto perchè non posso vivere accanto a una persona che non compie i propri doveri verso il Signore, Quali doveri, I più elementari, quelli che si esprimono con le devozioni e i ringraziamenti. Pastore rimase in silenzio, con un sorrisetto che si rivelava più negli occhi che sulle labbra, poi disse, Non sono giudeo, non devo compiere doveri che non mi spettano. Gesù indietreggiò di un passo, scandalizzato. Che la terra di Israele brulicasse di forestieri e seguaci di falsi dèi, lo sapeva per certo, ma non gli era mai capitato di dormire accanto a uno di loro, di mangiare il suo pane e di bere il suo latte. Perciò, come se tenesse davanti a sè una lancia e uno scudo protettivo, esclamò Solo il Signore è Dio. Il sorriso id Pastore si smorzò, la bocca assunse d'improvviso una piega amara, Sì, se Dio esiste, dovrà esser un unico Signore, ma sarebbe meglio che fossero due, così si avrebbe un dio per il lupo e un dio per la pecora, uno per chi muore e l'altro per chi ammazza, un dio per il condannato e un dio per il boia, Dio è uno, tutto e indivisibile, esclamò Gesù, e quasi piangeva d'indignazione, al che l'altro gli rispose, Non so come Dio possa vivere, ma la frase non proeseguì perchè Gesù, con l'auturità di un dottore della sinagoga, lo interruppe, Dio non vive, è, Di queste differenze non me ne intendo, ma quel che posso dire è che non mi piacerebbe vedermi nella pelle di un dio che gira la mano del pugnale assassino e, insieme, offre la gola che sarà tagliata, Tu offendi Dio, con questi pensieri empi, Non valgo tanto, Dio non dorme, un giorno ti punirà, Meno male che non dorme, così facendo evita gli incubi del rimorso, Perchè mi parli di incubi e di rimorso, Perchè stiamo parlando del tuo Dio, E il tuo, chi è, Io non ho alcun dio, sono come una delle mie pecore, Almeno loro danno i figli per gli altari del Signore, E io ti dico che quelle madri, se lo sapessero, ululerebbero come lupi..."

    (Josè Saramago "Il Vangelo secondo Gesù Cristo
     
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  5. delfinoutopista
     
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    « …gli artisti spesso sono dei barboni fortunati. Ce l’hanno fatta a non finire all’addiaccio, ma conservano i tratti disturbati e l’inquietudine dell’erranza, vagano con gli occhi, sentenziano sul mondo, hanno ossessioni, riti. Ogni giorno corrono il rischio di perdersi, di non trovare più la strada del ritorno.
    Ho scelto uno […] un anatraccio curioso che risale il fiume e scruta i regolari, i “Cormorani”, quelli che stanno nel recinto della società organizzata.
    […] Ha un vecchio trauma stretto nel cuore come un trofeo, e un guinzaglio al posto della cravatta: è roba del suo cane, del suo lutto. È il cazzotto, la sciancata. È il piano della vita che s’inclina, si mette di traverso.
    Chi di noi in una notte di strozzatura d’anima, bavero alzato sotto un portico, non ha sentito verso quel corpo, quel sacco di fagotti con un uomo dentro, una possibilità di se stesso? »

    « La gente si spaventa, le piccolette di tredici anni che vanno a scuola, le vecchie con la tortina di riso in mano, e tu lì, eremita sul marciapiede, sempre più incazzato, che vuoi spiegare a chi passa: la ragion di stato! La ragion di stato! Zorro […] crolla se tutto è regolare. Perché la tentazione di andarsene fuori come un missile, quella c’è sempre. Certo, per voi Cormorani è più facile. C’avete il sistemino, uno solo per tutti, che non va bene quasi a nessuno ma si fa finta di sì, ci andate appresso come sul tapis roulant. Vi viene comodo, sennò non ci stareste in piedi così tanti, anche se dentro non vi reggete in piedi, zuppi come pan di spagna nel liquore, eppure andate, fate, regolari voi, regolari. Camminate sul tapis roulant, regolari, con la moglie, i figli, la sciarpa, l’occhiale bruno. Ma a me non mi fregate. Zorro vi guarda. Siete tutti scoppiati, eh Cormorani? Basta farvi così (schiocca le dita) e venite giù come shangai[…] »

    Margaret Mazzantini: "Zorro- un eremita sul marciapiede"
     
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  6. Jinger
     
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    CITAZIONE (_dArKsOuL^ @ 20/11/2006, 11:24)
    Non è quello che vidi che mi fermò
    È quello che non vidi
    Puoi capirlo, fratello? É quel che non vidi... lo cercai ma non c'era, in tutta quella sterminata città c'era tutto tranne
    C'era tutto
    Ma non c'era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo
    Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu
    Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me
    Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi
    Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non fiìniscono mai e quella tastiera è infinita
    Se quella tastiera è infinita, allora
    Su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio
    (da "Novecento")

    Semplicemente geniale...uno dei miei preferiti....se nn si fosse capito, quoto!! ;)
     
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  7. _dArKsOuL^
     
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    anke questa mi è sempre piaciuta un sacco,di baricco....da oceano mare....
    "Sai cos'è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai
    questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare
    cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno.
    È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c'è un luogo, al mondo, in cui puoi non pensare a nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. È tempo. Tempo che passa. E basta..."
     
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  8. mickmatarazzo
     
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    Tocco la tua bocca, con un dito tocco l'orlo della tua bocca, la sto disegnando come se uscisse dalle mie mani, come se per la prima volta la tua bocca si schiudesse, e mi basta chiudere gli occhi per disfare tutto e ricominciare, ogni volta faccio nascere la bocca che desidero, la bocca che la mia mano sceglie e ti disegna in volto, una bocca scelta tra tutte, con sovrana libertà scelta da me per disegnarla con la mia mano sul tuo volto, e che per un caso che non cerco di capire coincide esattamente con la tua bocca che sorride sotto quella che la mia mano ti disegna. Mi guardi, mi guardi da vicino, ogni volta più vicino e allora giochiamo al ciclope, ci guardiamo ogni volta più da vicino e gli occhi ingrandiscono, si avvicinano tra loro, si sovrappongono e i ciclopi si guardano, respirando confusi, le bocche si incontrano e lottano tepidamente, mordendosi con le labbra, appoggiando appena la lingua sui denti, giocando nei loro recinti dove un'aria pesante va e viene con un profumo vecchio e un silenzio. Allora le mie mani cercano di affondare nei tuoi capelli, carezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli mentre ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranza oscura. E se ci mordiamo il dolore è dolce, se soffochiamo in un breve e terribile assorbire simultaneo del respiro, questa istantanea morte è bella. E c'è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura e io ti sento tremare stretta a me come una luna nell'acqua.

    Julio Cortazar "Rayuela - Il gioco del mondo"
     
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  9. mickmatarazzo
     
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    A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'é una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran. Cos'é che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C'ha un'anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un'ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall'inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d'accordo, allora buonanotte, 'notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quar
    to, fran. Non si capisce
    E' una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. quando, in mezzo all'Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: "A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave".
    Ci rimasi secco.
    Fran.

    A. Baricco - Novecento
     
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  10. _dArKsOuL^
     
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    mi vengono i brividi....
     
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  11. mickmatarazzo
     
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    ...I miei sogni notturni[...]era ora il mio Tintin, il mio James Bond, il mio Davy Crockett, il mio Robin Hood. Si chiamava Gesù.
    Sì! Gesu Cristo. Il mio campione, il mio eroe, il mio idolo o quasi. Ma non nel senso in cui lo si potrebbe intendere. Si era costruita in me - da solo: è forse possibile "costruire" i sogni? - un'idea del tutto particolare di Gesù: il Cattivo per eccellenza (non vediate della malizia in questo), il Coglionatore trismegisto, il Mistificatore nel formato massimo. Tutto per colpa dei libri trovati a casa della nonna. Strabattuto il prestidigitaclown del museo Grévin! L'acqua trasformata in vino da costui non poteva essere potabile, quella di Cristo sì! Guarire un cieco con una mano, un sordo con un sorriso, con un piede far spuntare a migliaia i pesci, con l'altro scivolare tranquillo sulle acque del Tiberiade e i pani poi! E la tempesta acquietata! E l'Ascensione! Voi mi avete contraddetto, mentito, umiliato, maltrattato, torturato, crocifisso, seppellito, inumato: lassù trovo il mio premio! Ve la faccio a tutti, acchiappettatemi se ne siete capaci! Proprio forte, ve lo dico io! Ecco l'idea che da quando avevo cinque anni mi ero fatto di Cristo. Senza prendere in considerazione e commuovermi per la fuga in Egitto, il digiuno nel deserto, la Passione e tutto quello che vi pare del seguito. Di un tipo così bisogna fidarsi, no? Così ogni giorno aggiungevo una nuova sequenza alla mia cineteca personale, dove il ruolo di protagonista era sempre interpretato da Gesù. Gli attribuivo indifferentemente le imprese di Sansone, di Davide, di Perseo, di Bellerofonte, di Pietro il Grande, del Barone di Munchausen. Ne abbiamo passate tante, con il mio amico Gesù.

    Jacques Yonnet "Le vie incantate di Parigi"
     
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  12. Jinger
     
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    Baricco forever...
     
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  13. hernandez1986
     
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    Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande,
    che per mare e per terra batti l'ali,
    3 e per lo 'nferno tuo nome si spande!
    Godi, Firenze, poiché sei così grande, che per mare e per terra in questo infernale pianeta batti le ali, e nei cerchi espiativi più tristi, la tua fama si spande!
    Tra li ladron trovai cinque cotali
    tuoi cittadini onde mi ven vergogna,
    6 e tu in grande orranza non ne sali.
    Tra i ladroni (di preziose cose, compreso il dono Divino della perfetta struttura del corpo fisico contenitore dell'anima in evoluzione), trovai cinque fiorentini per cui mi vergogno di essere loro concittadino e tu, Firenze, in grande onore non emergi.

    I cinque fiorentini facevano parte di coloro che operando contro l'Equilibrio Divino avevano "rubato" la forma originale del corpo fisico (come abbiamo visto con la creazione scientifica dell'uomo-rettile).
    La scienza di quel tempo aveva scoperto che il corpo alto e magro del serpente poteva essere trasformato chirurgicamente in corpo umano, disconoscendo le individuali esperienze che la Natura riserba ad ogni creatura vivente. Ma tutti gli impulsi negativi emanati nel male operare ritornano indietro al "campo di energia" che li ha generati ed emanati; ritornano sotto forma delle stesse sofferenze che si sono procurate ad altri.
    Ma se presso al mattin del ver si sogna,
    tu sentirai, di qua da picciol tempo
    9 di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.
    Se è che i sogni fatti all'alba sono veritieri, tu proverai fra non molto il male che ti augura la tua vicina Prato ed altri tuoi nemici.
    E se già fosse, non saria per tempo.
    Così foss'ei, da che pur esser dee!
    12 ché più mi graverà, com'più m'attempo.
    E se il mio sogno mattiniero si fosse già avverato non sarebbe stato troppo presto. Fosse questo già accaduto! poiché quanto più io m'invecchio, tanto più mi pesano le sventure che colpiscono Firenze.
    Noi ci partimmo, e su per le scalee
    che n'avea fatto iborni a scender pria,
    15 rimontò 'l duca mio e trasse mee;
    Noi ci partimmo su per l'acesa lungo la quale nel viaggio di andata ci eravamo fatti "eburnei" diafani, trasparenti, in un movimento molecolare che ci aveva resi leggeri per poter scendere prima. Il mio maestro rimontò su per l'ascesa e trasse me;
    e proseguendo la solinga via,
    tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio
    18 lo piè sanza la man non si spedia.
    e proseguendo la "solinga" via, solitaria per noi che eravamo gli unici resi "eburnei" in dimensione diversa, tra le schegge e le sporgenze dello scoglio "il piede senza la mano" non andava spedito, come nel mare fra gli scogli, dove il peso corporeo non grava sui piedi e occorre la spinta delle mani.
    Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio
    quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi,
    21 e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio,
    Allora mi addolorai e mi addoloro ancora quando mi torna alla mente ciò che io vidi, e trattengo il mio ingegno più del solito,
    perché non corra che virtù nol guidi;
    sì che, se stella bona o miglior cosa
    24 m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi.
    affinché la mia mente non corra senza la guida della "virtù Divina"; così che, sia della mia buona stella (nella benefica influenza astrale), sia di tutte le altre cose divine che il buon Dio mi ha concesso, non sia io stesso a privarmi.

    In questo errore è facile cadere specie quando, trovandosi all'inizio del risveglio ai ricordi di vite passate, si cerca di addentrarsi più di quanto consenta la propria evoluzione del momento. Infatti, un'errore di interpretazione può riportare l'anima a retrocedere sulla scia del passato e pertanto non sia lo stesso uomo a privarsi della grazia del risveglio.
    Quante 'l villan ch'al poggio si riposa,
    nel tempo che colui che 'l mondo schiara
    27 la faccia sua a noi tien meno ascosa,
    Quante il villano che al poggio si riposa, quando più lunga è la permanenza della luce del sole sulla Terra,
    come la mosca cede alla zanzara,
    vede lucciole giù per la vallea,
    30 forse colà dov'e' vendemmia e ara:
    nel momento in cui le mosche al morir del giorno cedono il posto alle notturne zanzare, vede lucciole "giù per la vallea", dove vi è forse come nei campi vendemmia e ara:

    La "vallea" è la Terra, "valle del pianto" dove avviene "vendemmia" di anime nella scelta di quelle mature e "aratura" nell'infuocato dolore che rompe le zolle delle azioni malvage per dare alle anime, come alle piante, il respiro della vita.
    di tante fiamme tutta risplendea
    l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi
    33 tosto che fui là 've 'l fondo parea.
    di tante fiamme tutta risplendeva l'ottava bolgia così che subito mi accorsi che le fiamme alte di quel peccato iniziavano dal fondo che restava visibile, similmente alla terra arata che resta libera dalle zolle sollevate e sature di antico intasamento profondo.


    di tante fiamme tutta risplendea - v. 31
    La descrizione di questa bolgia ci presenta la fine dell'Era apocalittica in cui viviamo oggi la vita e cioè la selezione dell'umanità "la vendemmia", il successivo respiro del pianeta "l'aratura", la discesa dei dischi volanti "le lucciole", il successivo ritorno in superficie dei continenti sommersi "tosto che fui là 've 'l fondo parea".
    E ancora nelle terzine seguenti:
    il salvataggio di gran parte dell'umanità sui dischi volanti: "vide 'l carro d'Elia al dipartire" il dipartire dei dischi volanti dei quali "nessuna mostra 'l furto". Questo perché "i rapiti" in salvo saranno visti come entrare in una nuvola e "come nuvoletta, in sù salire", e "ogne fiamma un peccatore invola" durante il salvataggio, nel momento dello sconvolgimento dell'intero globo terracqueo, prima del suo riassetto nel sistema solare.
    Nel paragone il quadro è completo.
    Esso raffigura la fine della tumultuosa notte di terrore nel risveglio della Terra alla prossima alba radiosa.

    Ecco che Dante a tal punto dice: "s'io non avessi un ronchion preso, caduto sarei giù sanz'esser urto"




    E qual colui che si vengiò con li orsi
    vide 'l carro d'Elia al dipartire,
    36 quando i cavalli al cielo erti levorsi,

    che nol potea sì con li occhi seguire,
    ch'el vedesse altro che la fiamma sola,
    39 sì come nuvoletta, in sù salire:
    E come il profeta Eliseo, colui che fu vendicato dagli orsi, contro alcuni giovani che lo schernivano quando egli affermò di aver visto il suo compagno Elia mentre veniva "rapito al cielo" con un "carro di fuoco" (disco volante) nel momento in cui gli "ignei cavalli" (fiammeggiante energia fuoriuscente dagli alettoni condensatori posti alla base del disco) si levarono alti,
    tal si move ciascuna per la gola
    del fosso, ché nessuna mostra 'l furto,
    42 e ogne fiamma un peccatore invola.
    così si muoveva ciascuna fiamma per la gola del fosso. Nessuna di queste fiamme mostra "'l furto" il contenuto e ogni fiamma un peccatore "invola" ruba alla vita.

    Così come quei peccatori rubarono alla vita quelle creature alle quali, in nome della Scienza, avevano distorto ogni fattezza corporea da Dio donata.
    Io stava sovra 'l ponte a veder surto,
    sì che s'io non avessi un ronchion preso,
    45 caduto sarei giù sanz'esser urto.
    Io stavo sopra il "ponte" ritto a vedere, così che se non mi fossi aggrappato ad un masso, sarei caduto giù senza essere urtato.
    E 'l duca che mi vide tanto atteso,
    disse: «Dentro dai fuochi son li spirti;
    48 catun si fascia di quel ch'elli è inceso».
    Virgilio, che mi vide tanto teso a guardare, disse: «Dentro ai fuochi son gli spiriti, ciascun si avvolge di quello di cui è acceso».

    L'anima, che è accesa di fiamma di peccato, arde nel fuoco del dolore, quella che è accesa d'amore, di amore è avvolta. Qui ogni spirito è acceso dal proprio peccato.
    «Maestro mio», rispuos'io, «per udirti
    son io più certo; ma già m'era avviso
    51 che così fosse, e già voleva dirti:
    «Maestro mio», io gli risposi, «per averlo udito da te, ora son più certo, ma avevo intuito prima che così fosse e già volevo dirti:
    chi è 'n quel foco che vien sì diviso
    di sopra, che par surger de la pira
    54 dov'Eteòcle col fratel fu miso?»
    chi è quel fuoco che vien così diviso di sopra che sembra nascere dalla pira bilingue dove Eteocle col fratello fu messo?»

    Eteocle e Polinice furono due fratelli che nella guerra dei sette contro Tebe si uccisero a vicenda e si racconta che tanto grande fu il loro odio che bruciati, anche le fiamme sprigionatesi dai loro corpi si divisero.
    In questo cerchio espiativo fatto di trasformazioni e deformazioni, una fiamma che avvolge due corpi assieme, biforcandosi poi verso l'alto, fa pensare alla inesorabile pena della forma corporea dei fratelli siamesi, i quali, avvolti dal "fuoco" del dolore fino ai fianchi, si separano, simili a fiamme bilingue, dalla vita in su.
    In egual modo i peccatori che "rubarono" la forma corporea creando dei mostri, vengono puniti rinascendo in corpi deformi che riproducono le malformazioni da essi stessi procurate ad altri.
    Rispuose a me: «Là dentro si martira
    Ulisse e Diomede, e così insieme
    57 a la vendetta vanno come a l'ira;
    Virgilio rispose: «Là dentro sono tormentati Ulisse e Diomede. Essi vanno così avvolti dalla Giustizia vendicatrice come, tramando astuzie di guerra, andarono uniti nel peccato;
    e dentro da la lor fiamma si geme
    l'agguato del caval che fé la porta
    60 onde uscì de' Romani il gentil seme.
    e nella loro fiamma si espia l'inganno del cavallo di Troia, città che fu patria di Enea, "de' Romani il gentil seme".

    Enea fu quel profeta portato su da un disco volante, allora definito "Carro di fuoco".
    Piangevisi entro l'arte per che, morta,
    Deïdamìa ancor si duol d'Achille,
    63 e del Palladio pena vi si porta».
    In quella fiamma si piange anche il peccato che causò la morte di Deidamia, che "ancor dopo morta", si duole per il male (spirituale) che Ulisse e Diomede procurarono ad Achille risvegliando in lui la passione per la guerra e riportandolo nell'errore di tale grande peccato».

    Le azioni delittuose, anche se vanno sotto il nome di "guerra", riportano le anime indietro sul Cammino evolutivo e Deidamia ne piange "ancor dopo morta", appunto perché nei paradisiaci pianeti di felicità non potrà incontrare Achille, l'uomo che aveva amato.
    Deidamia, figlia del re di Sciro, amava Achille. Teti, la di lui madre, aveva fatto rifugiare il figlio, travestito da donna, nell'isola di Sciro, preso il padre di Deidamia, nel tentativo di evitargli la partenza in guerra. Ulisse e Diomede, travestiti da mercanti, riuscirono ad avvicinare Achille e a risvegliare in lui la passione guerresca; Achille li seguì abbandonando Deidamia che ne morì di dolore.
    In quella fiamma si espia anche il furto della statua di Pallade, trafugata da Ulisse e Diomede dalla rocca di Troia, perché si credeva che la presenza della statua in quel posto rendesse inespugnabile la città.
    «S'ei posson dentro da quelle faville
    parlar», diss'io, «maestro, assai ten priego
    66 e ripriego, che 'l priego vaglia mille,
    «Se essi possono parlare da dentro quelle faville», dissi io, «maestro, ti prego e torno a pregarti, affinché la mia preghiera ne valga mille,
    che non mi facci de l'attender niego
    fin che la fiamma cornuta qua vegna;
    69 vedi che del disio ver' lei mi piego!»
    che tu non mi impedisca di attendere per parlar con loro fino a quando la fiamma cornuta qui giunga; come tu vedi, dal desiderio che ciò avvenga, io verso questa sofferenza, nel rispetto della Divina Giustizia, umilmente mi prostro!»
    Ed elli a me: «La tua preghiera è degna
    di molta loda, e io però l'accetto;
    72 ma fa che la tua lingua si sostegna.
    Ed egli a me: «La tua preghiera è degna di lode e perciò io l'accetto; ma astieniti dal parlare.
    Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto
    ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi,
    75 perch'e' fuor greci, forse del tuo detto».
    Lascia parlare me che ho compreso ciò che tu vuoi; poiché essi sarebbero ritrosi a parlar con te, perché forse estranei alle tue espressioni».
    Poi che la fiamma fu venuta quivi
    dove parve al mio duca tempo e loco,
    78 in questa forma lui parlare audivi:
    Quando la fiamma giunse a noi vicina, lì dove parve al maestro tempo e luogo, io lo udii parlare in questa forma:
    «O voi che siete due dentro ad un foco,
    s'io meritai di voi mentre ch'io vissi,
    81 s'io meritai di voi assai o poco
    «O voi che bruciate in due lo stesso Karma, se io meritai la vostra stima durante la mia vita in Terra, molta o poca che essa sia stata
    quando nel mondo li alti versi scrissi,
    non vi movete; ma l'un di voi dica
    84 dove, per lui, perduto a morir gissi».
    quando nel mondo gli alti versi io scrissi, uno di voi dica in quale errore si andò a smarrire per meritare questa grande pena».
    Lo maggior corno de la fiamma antica
    cominciò a crollarsi mormorando
    87 pur come quella cui vento affatica;
    Il maggior vertice della "fiamma antica" di quel peccato, "peccato antico" per quanto è antico il mondo, "Ulisse" cominciò a smuoversi mormorando come fiamma affaticata dal vento;
    indi la cima qua e là menando,
    come fosse la lingua che parlasse,
    90 gittò voce di fuori, e disse: «Quando
    poi la cima qua e là menando, come fosse una lingua che parlasse, gettò un soffio di energia che produsse queste parole: «Quando
    mi diparti' da Circe, che sottrasse
    me più d'un anno là presso a Gaeta,
    93 prima che sì Enea la nomasse,
    mi dipartii dall'abbraccio ammaliatore della "maga Circe" (che circuisce gli uomini avvolgendoli nella maliarda spirale di desideri insani che allontanano da affetti e doveri e tramutano così gli uomini in "porci", privi di quegli alti sentimenti che distinguono gli uomini dalle bestie, io fui avvinto dal desiderio di importanti imprese nell'intento di ricoprirmi del manto della gloria che ha spesso il color del sangue, poiché ad essa si perviene soltanto attraverso lotte e guerre cruente), che mi sedusse per più di un anno presso Gaeta, prima che così Enea le desse nome.

    Fu presso Gaeta che Macareo, compagno di Ulisse, infuse in lui grande entusiasmo per le grandi imprese.
    né dolcezza di figlio, né la pieta
    del vecchio padre, né 'l debito amore
    96 lo qual dovea Penelopè far lieta,
    né dolcezza filiale, né pietà per il vecchio padre che ne sarebbe morto di dolore, né il dovuto amore che avrebbe allietata la vita della moglie Penelope,
    vincer potero dentro a me l'ardore
    ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto,
    99 e de li vizi umani e del valore;
    potettero vincere in me l'ardore di divenire esperto del mondo e dei vizi e delle virtù degli uomini;
    ma misi me per l'alto mare aperto
    sol con un legno e con quella compagna
    102 picciola da la qual non fui diserto.
    mi affidai al mare aperto, soltanto con una nave e con quella compagnia sparuta di pochi uomini che mai mi abbandonarono.
    L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
    fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
    105 e l'altre che quel mare intorno bagna.
    Vidi l'uno e l'altro sito, perfino il Marocco e l'isola dei Sardi, e le altre terre bagnate dal Mediterraneo.
    Io e ' compagni eravam vecchi e tardi
    quando venimmo a quella foce stretta
    108 dov'Ercule segnò li suoi riguardi,
    Io e i compagni eravamo vecchi e disfatti quando giungemmo a quella "foce stretta" lo stretto di Gibilterra, dove Ercole segnò con "riguardo" (con rispetto verso le alte manifestazioni celesti che in quel posto si svolgevano, come si dirà più avanti), i limiti della navigazione consentita, dall'Alto, ai navigatori terrestri,
    acciò che l'uom più oltre non si metta;
    da la man destra mi lasciai Sibilia,
    111 da l'altra già m'avea lasciata Setta.
    affinché l'uomo della Terra non andasse oltre quel versante marino (che nasconde un tesoro spirituale ancor oggi sconosciuto). Sulla mia destra lasciai Siviglia e dall'altra parte già mi ero allontanato da Setta (Ceuta, città africana).
    Ci eravamo spinti, quindi, lì dove i sensi imperfetti umani non possono reggere.


    Ulisse - Le Colonne d'Ercole: dov'Ercule segnò li suoi riguardi - v. 108
    Sui lati dello Stretto di Gibilterra si elevano, come due colonne, le rocce montuose dei monti Abila da un lato e quelle dei Calpi dall'altro.
    Secondo un'antica credenza, quei monti furono eretti da Ercole, che volle così segnare prudenti confini per la navigazione.
    Ercole possedeva capacità superiori e veniva pertanto definito "semidio".
    A tal punto è necessario considerare un passo della Bibbia, che parla di uomini extraterrestri:
    "E i Figli di Dio scesero sulla Terra, videro che le figlie degli uomini erano belle, ne scelsero in moglie e dettero loro dei figli che furono molto potenti".
    In quel tempo si parlò di giganti e di semidei.
    Ma... perché Ercole avrebbe segnato "con riguardo" i "suoi confini"?

    Sotto le rocce marine, in vari luoghi del pianeta Terra, come al Polo Nord, al Triangolo delle Bermude e delle Filippine, nonché sotto le tre piramidi d'Egitto, oltre ai resti della Civiltà Atlantidea e di altri continenti sommersi, esiste una potente manifestazione di natura cosmorigeneratrice, solare. Tale energia fu lasciata dagli extraterrestri sulla Terra, 60.000 anni or sono. Esiste inoltre la città di El-Dorado, che è il "CUORE VITALE" del tessuto enzimatico che sostiene in vita i circuiti storici del nostro pianeta.
    Il pericolo di quel mare, visto da Ercole fino da quei tempi remoti, è costituito dai famosi gorghi che, come "LA VANGUARDIA ESPANOLA" del 2-4-1977, nell'articolo " OPERAZIONE POLYMODO" ha affermato, avrebbero tutto l'aspetto di "gorghi atmosferici di incredibile violenza". I gorghi, secondo la Scienza sovietica e americana, raggiungerebbero i 100 Km. di estensione a migliaia di metri di profondità nell'Oceano.
    Tali forze energetiche, collegate agli "inspiegabili" fenomeni di dematerializzazione di navi ed aerei avvenuti al Triangolo delle Bermude e alle Filippine, sono potenziate su una lunghezza d'onda superiore alla umana e pertanto non ancora sintonizzate con le strutture terrestri che, se si trovano in quelle zone durante una pulsazione energetica, vengono investite in pieno e, non reggendo a quell'impulso tanto vicino e di così elevata portata, si disintegrano.
    Questi impulsi energetici si propagano sul pianeta e vengono diretti dagli Extraterrestri, custodi della razza umana, nelle zone maggiormente positive e pertanto più predisposte ad accettare tale benefica energia vitale, che sarà quella del futuro, che è ormai prossimo.
    Questo viene effettuato allo scopo di preparare le strutture fisiche dei migliori uomini della Terra a sopportare gradatamente quella energia superiore.
    Così, come Ercole a suo tempo ammoniva gli uomini di non addentrarsi per quel versante marino, anche oggi gli Extraterrestri, attraverso messaggi trasmessi a tutti gli scienziati e i Capi di Governo, hanno ripetutamente avvertito l'umanità del pericolo là esistente, ma anche questi, come gli altri messaggi ammonitori sono stati "regolarmente" cestinati e derisi.




    "O frati", dissi "che per cento milia
    perigli siete giunti a l'occidente,
    114 a questa tanto picciola vigilia
    La più grande lingua di fuoco, Ulisse, continuò così a parlare:

    "O fratelli", io dissi "che attraverso infiniti pericoli siete giunti all'occidente, ultimo limite di questa tanto breve vigilia
    d'i nostri sensi ch'è del rimanente
    non vogliate negar l'esperïenza,
    117 di retro al sol, del mondo sanza gente.
    dei nostri sensi umani che ancor ci rimane (in cui vivremo ancora nel buio della sconoscenza), non vogliate negare l'esperienza che ci si presenta oltre il nostro sole dove non vi è gente umana.
    Considerate la vostra semenza:
    fatti non foste a viver come bruti,
    120 ma per seguir virtute e canoscenza".
    Considerate la vostra origine divina. voi non foste creati per vivere come bruti, eternamente in dimensione terrena, ma per elevarvi raggiungendo Virtù Divina e Conoscenza, affinché possiate pervenire alla felicità delle Celesti Sfere".
    Li miei compagni fec'io sì aguti,
    con questa orazion picciola, al cammino,
    123 che a pena poscia li avrei ritenuti;
    Con questo mio discorso io resi tanto desiderosi i miei compagni di continuare il viaggio che dopo a fatica avrei potuto trattenerli;
    e volta nostra poppa nel mattino,
    de' remi facemmo ali al folle volo,
    126 sempre acquistando dal lato mancino.
    così voltata la poppa nel mattino, dei remi "sollevandoli" facemmo ali per il folle volo, sempre procedendo dal lato mancino (il negativo, violando una regola ben conosciuta e così trasgredendo alla Legge Divina).
    Tutte le stelle già de l'altro polo
    vedea la notte e 'l nostro tanto basso,
    129 che non surgea fuor del marin suolo.
    La notte vedeva tutte le stelle da noi lontane, mentre il sole "nostro" (poiché a noi vicino) era tanto "basso" (nel profondo del mare), che non sorgeva dal suolo marino.

    Questo non si riferisce al sole, che ritiratosi all'orizzonte lasciava alla notte veder le stelle, ma al "sole sonarico interno", di cui essi vedevano il bagliore pulsante e che "che non surgea fuor del marin suolo", perché esistente nelle profondità del globo terracqueo.


    Il Sole Genetico

    ho fatto copia e incolla da un sito ed è uscita anche la spuiegaizone...beh per chi ha voglia...in ogni caso(se non si fosse capito)Dante XXVI canto dell'inferno(adoro la parte su ulisse)
     
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  14. delfinoutopista
     
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    User deleted


    CITAZIONE (Jinger @ 21/11/2006, 21:40)
    Baricco forever...

    Sì. Baricco è proprio un grande, è geniale! Di Novecento non si può stracciarne soltanto qualche pagina, bisogna portarselo dietro tutto. L'avrò letto già una decina di volte ma non credo di conoscerlo ancora così bene.

    "Solo, in mezzo alla spiaggia, Bartleboom guardava. A piedi nudi, i pantaloni arrotolati in su per non bagnarli, un quadernone sotto il braccio e un cappello di lana in testa. Leggermente chinato in avanti, guardava: per terra. Studiava l'esatto punto in dui l'onda, dopo essersi rotta una decina di metri più indietro, si allungava-divenuta lago, e specchio e macchia d'olio-risalendo la delicata china della spiaggia e finalmente si arrestava-l'estremo bordo orlato da un delicato perlage- per sitare un attimo e alfine, sconfitta, tentare una elegante ritirata lasciandosi sciovolare indietro, lungo la via di un ritorno apparentemente facile ma, in realtà preda destinata alla spugnosa avidità di quella sabbia che, fin lì imbelle, improvvisamente si svegliava e, la breve corsa dell'acqua in rotta, nel nulla svaporava.
    Bartleboom guardava.
    Nel cerchio imperfetto del suo universo ottico la perfezione di quel moto oscillatorio formulava promesse che l'irripetibile unicità di ogni singola onda condannaca a non essere mantenute. Non c'era verso di fermare quel continuo avvicendarsi di creazione e distruzione. I suoi occhi cercavano la verità descrivibile e regolamentata di un'immagine certa e completa: e finivano, invece, per correre dietro alla mobile indeterminazione di quell'andirivieni che qualsiasi sguardo scientifico cullava e derideva.
    Era seccante. Bisognava fare qualcosa. Bartleboom fermò gli occhi. Li puntò davanti ai piedi, inquadrando un pezzo di spiaggia muto e immobile. E decise di aspettare. Doveva finirla di correre dietro a quell'altalena sfinente. Se Maometto non va alla montagna, eccetera eccetera, pensò. Prima o poi sarebbe entrato- nella cornice di quello sguardo che lui immaginava memorabile nella sua scientifica freddezza- il profilo esatto, orlato di schiuma, dell'onda che aspettava. E lì, essa si sarebbe fissata, come un'impronta, nella sua mente. E lui l'avrebbe capita."

    A. Baricco: "Oceano Mare".
     
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  15. Jinger
     
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    tanto, se andiamo avanti così, finiremo sul serio con scriverlo tutto...

    "Potevi pensare ke era matto, ma nn era così semplice. Quando uno ti racconta con assoluta esattezza ke odore c'è ain Bertham street, d'estate, quando ha appena smesso di piovere, nn puoi pensare ke è matto x la sola stupida ragione ke in Bertham street, lui, nn c'è mai stato. Negli occhi di qualcuno, nelle parole di qualcuno,lui, quell'aria, l'aveva respirata davvero. Il mondo, magari, nn l'aveva visto mai. Ma erano 27 anni ke il mondo passava su quella nave: ed erano 27 anni ke lui, su quella nave, lo spiava. E gli rubava l'anima."

    A. Baricco "Novecento"
     
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101 replies since 20/11/2006, 09:47   1940 views
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